Dietro ad un capo in pelliccia o un semplice inserto si nasconde la sofferenza degli animali.
Siano essi cresciuti nelle piccole gabbie di un allevamento o catturati con le tagliole, gli animali sono quelli che ci rimettono la pelle per la vanità e il profitto di alcuni esseri umani.
Le stime mondiali date da “Fur Trade Today” per il 2006 sono di 44,6 milioni di visoni, 7 milioni di volpi, 350 milioni di conigli, 3 milioni di procioni, 350 mila foche, tutti uccisi nel corso dell’anno per la produzione di pelli.
Le campagne di sensibilizzazione su questo argomento avevano portato ad un tracollo del settore, che è riuscito a rimettersi purtroppo in marcia con le nuove mode ingannevoli degli inserti.
In questo è stato determinante il contributo di stilisti e riviste, che negli ultimi anni hanno pompato fortemente questa moda.
Gran parte degli inserti di pelliccia sono lavorati, colorati, sbiancati, trattati a tal punto che molti consumatori non si accorgono nemmeno di comprare giacche con inserti di vero pelo.
Inserti che si vogliono vendere sempre più ad un pubblico giovane e che si trovano ormai ovunque, dai grandi magazzini ai negozi di moda, arrivando perfino in alcuni capi al mercato.
Di fronte a questa diffusione di prodotti di pellicceria è fondamentale fare una capillare informazione e convincere sempre più catene di negozi a non tenerli sui propri scaffali.
Questa è la linea d’azione intrapresa oramai da tempo dal movimento animalista internazionale ed è anche la nostra, che perseguiamo con campagne pubbliche di boicottaggio e protesta.
Dove nasce una pelliccia?
Se nei negozi e nelle boutique dovessero mostrare come viene prodotta una pelliccia questo mercato crollerebbe immediatamente.
Nessuno vuole vedere quanta sofferenza e quanta disperazione si nascondono dietro a quello che acquista.
Il nostro compito è cercare di squarciare il velo di segretezza che allevatori e pellicciai hanno costruito intorno a sé.
ALLEVAMENTI
Gli animali vengono allevati in gabbie di filo di ferro della misura appena sufficiente per non rovinarsi il manto rigirandosi; spesso, nonostante siano animali solitari, vengono posti assieme (anche tre o più per gabbia) con il rischio di conseguenti aggressioni.
La vita di un animale in gabbia è dettata dalla noia e dallo stress, che portano a comportamenti stereotipati e continui, automutilazioni e cannibalismo.
Gli animali sono esposti a gelidi venti, così da stimolare la produzione di pelo folto e redditizio.
Il cibo viene distribuito a polpette sopra la gabbia per risparmiare tempo; quindi gli animali lo leccano attraverso le sbarre della rete, ma quando la temperatura è di molti gradi sotto lo zero, la lingua degli animali si attacca al metallo per congelamento; nei casi più gravi dei pezzi rimangono attaccati alle sbarre.
Nel cibo vengono miscelati medicinali e psicofarmaci per inibire l'aggressività e farli resistere allo stress.
I visoni sono amanti dell'acqua, ma negli allevamenti la vedono solo attraverso una valvola a pressione che devono imparare a spingere col naso; quando in inverno si rischia il congelamento l'acqua viene miscelata al cibo, con una certa quantità di anticongelante.
Quando giunge il periodo delle nascite si compie uno dei maggiori drammi del mondo degli allevamenti: gli animali sono stressati dai cicli riproduttivi forzati; spesso parte dei piccoli viene uccisa dalla stessa madre; gli altri muoiono per le condizioni disagevoli o per malattie.
Gli incroci selettivi, attuati per soddisfare le esigenze del mercato, hanno portato ad una serie di menomazioni come sordità e nevrosi, che però sono considerate di scarsa importanza perché non incidono sul valore della pelle.
TRAPPOLE
Sono tanti anche gli animali uccisi in libertà per farne delle pellicce. Si stima che siano10-20 milioni i mammiferi catturati nei boschi con le tagliole in tutto il mondo.
Gli animali vittime di queste trappole rimangono anche per una settimana ad aspettare il cacciatore, che verrà ad ucciderli se non sono già morti per dissanguamento.
Nel frattempo la ferita si gonfia provocando dolori indescrivibili.
Spesso le vittime delle tagliole sono animali non utilizzabili per le pellicce, uccisi e gettati via, quindi è una caccia spietata che non risparmia nessun mammifero abitante del bosco.
Sono diffusi i casi in cui l’allevatore trova solo una zampa nella tagliola, poiché gli animali nel disperato tentativo di liberarsi ricorrono all’automutilazione…
METODI DI UCCISIONE
I metodi di uccisione sono pensati specificamente per non rovinare il pelo: camere a gas, scosse elettriche, rottura delle ossa cervicali.
Gli animali vengono a volte storditi con ripetuti colpi alla testa, inferti con un bastone o una barra metallica, oppure prendendo gli animali dalle zampe posteriori e sbattendoli a terra con violenza.
Essi lottano, hanno convulsioni, infine giacciono tremanti a terra: molti rimangono vivi.
I visoni sono uccisi col biossido di carbonio, in genere immesso
nelle camere a gas da tubo di scappamento di un trattore: gli animali corrono in tondo cercando disperatamente di tenere la loro testa sopra il livello del gas.
Per le volpi la tecnica usata è l’elettrocuzione: tramite due elettrodi metallici viene inflitta all’animale una scossa elettrica di circa 200 volt, che provoca la morte tra atroci sofferenze.
La pelliccia di agnello karakul è largamente impiegata dall’industria della pellicceria.
Questo particolare tipo di pelliccia, tanto decantato in quanto articolo di lusso, deriva dall’uccisione di agnelli che hanno solo alcune ore di vita o persino non ancora nati, strappati letteralmente al grembo della madre tramite un aborto forzato.
L’uccisione di feti o di agnelli neonati trova la sua motivazione nella lucidità e nella particolare arricciatura del pelo.
SCUOIAMENTO
Gli animali sono scuoiati subito dopo l’uccisione: con un coltello si provoca una lacerazione tra le gambe posteriori e da lì si strappa via lo strato di pelle come se si sfilasse un calzino.
La carcassa viene gettata via e solitamente i cadaveri ammucchiati in fosse comuni e/o bruciati.
Il prezioso manto sarà trattato con estrema cura e lavorato con agenti chimici altamente tossici che finiranno a contaminare le nostre acque e il nostro ambiente (infatti le concerie hanno livelli di inquinamento molto elevati).
Ci sono casi in cui l’animale subisce lo scuoiamento da vivo a causa della brutalità e frenesia dell’allevatore: nel caso delle foche in Canada o nei mercati in Cina (in cui non ci sono controlli e ciò è più diffuso).
Da questo trattamento non sfuggono nemmeno animali domestici quali cani e gatti.
Immagini di un procione scuoiato vivo, diffuse da associazioni animaliste, mostrano come dopo essere stato scuoiato l’animale rimane ancora a cuore battente e occhi aperti per 10-15 minuti.
Inutile affermare che la morte è accolta come una liberazione dopo queste atroci torture.
INQUINAMENTO
Gli scarichi degli allevamenti vanno ad inquinare l’aria e le acque della zona,
come accade per qualunque tipo di allevamento intensivo in cui le deiezioni producono molta ammoniaca.
L’industria della pelliccia ha però anche un altro aspetto, che è quello della concia. In questo momento della produzione vengono utilizzati composti altamente tossici e cancerogeni che invadono l’ambiente.
Non è un caso che alcuni dei principali poli conciari italiani (pelli e pellicce) siano affetti da un livello di inquinamento e una diffusione di tumori al di sopra della media.
Fonte: AIP
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