Promossa dalla Fondazione Brigitte Bardot per ricordare ai consumatori l’oscuro mondo di violenza e sofferenza che si cela dietro la presunta bellezza ed eleganza delle pellicce ha visto la reazione dei pellicciai francesi (08/12/08)
La campagna si basa su tre immagini: un giovane con un cappotto imbottito di pelo, una donna con una lunga pelliccia e un ragazzo con una giacca bordata di pelo, ciascuno davanti a un animale da pelliccia morto. Il testo è lapidario "Mi va di vestirmi come i miei amici e tanto peggio per te".
Poiché l’attualità (ma forse la storia) ci insegna che è bene avere la faccia come il culo, l'Associazione Pellicciai Francesi ha presentato una formale protesta all’autorità nazionale per la pubblicità sostenendo "la violenza" della campagna. Violenza? Stabilire con una immagine quella che oggettivamente è la realtà che si cela dietro a una pelliccia come fa a essere violenza? Se l’immagine di quella realtà è violenta, come vogliamo definire la realtà stessa che viene ritratta? O il problema è che la violenza nascosta è bene, quella esposta è male? .
È evidente che la vera violenza sta in quei milioni di animali selvatici intrappolati e uccisi o allevati in condizioni miserrime e poi soppressi per il vanto o il gusto di qualche sconsiderato. Per confermarci di avere la faccia come il culo ed essere degli ipocriti al di là di qualsisi limite tollerabile, adesso i pellicciai francesi ssi sono inventati la "tracciabilità" del prodotto.
E la Polizia in Francia ha già sequestrato 4.000 capi di abbigliamento conferzionati con pelliccia di cane e gatto (vietata nell’Unione europea) e marcati come "pelo sintetico". Se si riesce a spacciare pelo vero per sintetico, chi diavolo saprà mai valutare la "tracciabilità" di qualsiasi pelliccia senza ricorrere all’analisi del DNA?
Fonte: Fondation Brigitte Bardot
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